Dell’intelligenza… Dovremo rendere conto
Sull’aereo che lo ha portato in Polonia, papa Francesco, parlando con i giornalisti, ha fatto riferimento
all’impennata di atti terroristici che sta caratterizzando questi giorni. Nell’occasione il Pontefice ha ribadito (infatti lo aveva detto più volte) due concetti.
Primo: ciò che sta avvenendo non sarebbe classificabile come “guerra di religione”, ma solo come guerra planetaria (a pezzi) esito di cause esclusivamente economiche.
Secondo: le guerre le fanno e le vogliono gli altri, cioè chi non è religioso, perché (sono sue testuali parole) «le religioni vogliono la pace».
È inutile soprassedere o fare finta di nulla. Con dolore va detto che queste affermazioni di papa Francesco sono ancora una volta estranee ad una lettura autenticamente cristiana dell’uomo e della storia. Vediamo di capire perché.
Prima di tutto una premessa che è insita nel realismo e nella prudenza cristiane. È certamente sbagliato leggere i fatti storici utilizzando delle griglie interpretative monocausali (una sola causa e basta). La storia è sempre complessa, molte volte anche “complicata”, per cui dire “dietro una tal cosa c’è solamente questo…” è ingenuo ed inesauriente.
Detto ciò, entro nel merito.
Cosa vuol dire che la guerra in atto sia solo di tipo economico? Può significare tutto e niente nello stesso tempo. Certo, come ho detto prima, sarebbe una sciocchezza leggere i fatti attraverso delle interpretazioni monocausali, ma questo vale per tutto, vale se si dice che ciò che sta accadendo sia dovuto a motivazioni solo religiose, così come se si dice che ciò che sta avvenendo sia dovuto solo a motivazioni di ordine economico.
Ma il problema non è solo di metodo storico è anche e soprattutto di falsa visione dell’uomo. Una falsa visione che non è compatibile con quella autenticamente cristiana. L’uomo non è solo la sua “pancia”.
E ciò ha ampio riscontro, da sempre, nella storia. Tant’è che, se ci si riflette bene, anche la ricerca spasmodica del denaro spesso risponde più che ad un bisogno materiale in sé, ad un desiderio di potere: il denaro per essere riverito e considerato.
Un mio grande amico, che adesso non c’è più, ma un grande amico che mi ha insegnato molto, un giorno mi disse una cosa che mi colpì. Era mio coetaneo e allora avevamo entrambi diciassette anni. I nostri discorsi andavano dal calcio (eravamo tutti e due degli appassionati con buoni risultati sui rettangoli di gioco) ad argomenti di alta cultura (lui, molto prima di me, si stava appassionando alla filosofia). Ebbene, un giorno il nostro discorso cadde sulla questione omerica, in particolar modo sulla storicità o meno dell’Iliade. Io, fresco-fresco di assorbimento dei tipici luoghi comuni che andavano e vanno per la maggiore nella scuola, dissi subito che tutta la costruzione mitica del poema omerico altro non era che una copertura di veri motivi che non potevano che essere economici: il dominio dei traffici commerciali nel mare tra la Grecia e l’Asia minore. E lui giustamente mi obiettò: E chi te lo dice? Mi bloccò. Poi aggiunse dicendo cose interessantissime dalle quali capivo ancora di più quanto potessi apprendere da lui malgrado avesse la mia stessa età. Mi disse: ma sei proprio convinto che nella vita umana i fattori economici siano più importanti dell’orgoglio? E mi fece capire che i miti che parlavano della Guerra di Troia non erano delle “bugie”; o meglio, lo erano stando ai fatti che raccontavano e ai personaggi di cui parlavano, ma non nell’essenza, che insegnava quanto nella storia dell’uomo le questioni di principio e quindi anche dell’orgoglio giochino purtroppo un ruolo preponderante.
Maturando me ne sono convinto anch’io. La vita umana facilmente dimostra quanto siano molto più incisivi i motivi “spirituali” piuttosto che quelli puramente materiali. Anzi, molte volte gli stessi interessi economici sono solo espressioni di interessi molto più profondi.
Torno a ciò che ho detto prima: chi vuole essere ricco vuole esserlo solo per avere di più, per poter spendere e avere più comodità o anche e soprattutto per “valere” di più agli occhi degli altri? L’avaro, per esempio, perché è patologicamente attaccato alla ricchezza? Non perché vuole sfruttare il denaro per usarlo e “godersi di più la vita”, ma per darsi una falsa sicurezza di valere qualcosa, di essere più degli altri.
Tutto questo dimostra che anche ciò che è “materiale” per l’uomo diventa strumentale per ciò che “materiale” non è. Ovviamente non sto dicendo che tutto questo sia giusto, non sto facendo nessuna apologia dell’avarizia o quant’altro, sto solo dicendo che la realtà è molto più complessa di quanto noi pensiamo e che anche chi volesse leggere i fatti storici enfatizzando i cosiddetti fattori economici per dimostrare che l’uomo altro non è che un organismo cellulare, deve constatare che anche gli interessi puramente economici sono espressione di altri interessi molto più profondi ed esistenziali. Insomma, il mio amico c’aveva proprio ragione… e aveva solo diciassette anni!
Tutto questo ci fa capire quanto sia del tutto insufficiente, e molte volte anche fuorviante, una lettura della storia che si basi solo su puri meccanismi materiali e sociologici.
Se già si volesse prendere in considerazione solo l’uomo, una lettura di questo tipo non renderebbe; se poi si vuole considerare che né l’uomo né tantomeno il reale si spiegano da se stessi ma trovano il loro senso pieno solo in Dio, allora diventa ancora più chiaro quanto la storia debba essere letta anche e soprattutto alla luce del Mistero. E in un certo qual modo possiamo dire che … non c’è storia senza Mistero.
È paradossale che oggi perfino i marxisti avrebbero qualche remora a dire che ciò che sta avvenendo sia mosso solo da motivazioni economiche… e invece un’affermazione di questo tipo la dobbiamo sentire dal Vicario di Cristo.
Vengo adesso alla seconda affermazione del Papa: “…le guerre le vogliono gli altri, perché le religioni vogliono la pace”.
E come si fa a dirlo? Se si dicesse: “… le religioni dovrebbero desiderare la pace”, l’affermazione potrebbe andare bene, ma dire “le religioni vogliono la pace” è un negare la realtà. A meno che non si ritenga (ma qui si porrebbe un’altra questione, molto più grave) che si sia convinti che il vero Dio sia presente in tutte le religioni e che tutte le religioni siano volute da Dio.
Esistono false concezioni di Dio, che, proprio perché false, conducono non al bene, ma al male.
Mi limito a pochissimi esempi. Chiederei al Papa che cosa pensa della dea Kalì. Che cosa pensa di certo animismo africano. Che cosa pensa delle divinità precolombiane.
E, nel caso dell’Islam, cosa pensa del concetto di “Dar–al-Isuhl”, riconosciuto dalle scuole coraniche, secondo cui la terra non islamizzata non può mai essere “terra di pace”, ma solo “terra di tregua”…
E ovviamente l’elenco sarebbe lunghissimo.
Preghiamo. Preghiamo soprattutto perché non ci si arrenda dinanzi a ciò che sta accadendo.
Che non si spuntino le poche armi che abbiamo… a causa della pigrizia, ma anche di una volontà di leggere superficialmente i fatti.
Il celebre scrittore Leo Longanesi affermò nel suo Parliamo dell’elefante che “non c’è obbligo di essere intelligenti”. No, l’obbligo c’è eccome… anche dell’intelligenza che Dio ci ha donato dovremo rendere conto.